Novembre 19, 2024

Il terzo tempo

"When the seagulls follow the trawler, it is because they think sardines will be thrown into the sea"

La bellezza del calcio

5 min read

Il calcio è lo sport più amato al mondo. Tantissime persone iniziano a praticarlo quando sono ancora piccole, perchè è apparentemente soltanto un gioco, ma poi si rivela una dipendenza. Tutti possono giocare a calcio. Non è questione di sesso, provenienza o di tanti altri elementi e proprio per questo, nello sport (non solo nel nostro amato football) discriminazioni, razzismo e altri elementi orribili come questi non dovrebbero esserci. Parlando sempre di chi lo pratica, un’altra bellissima cosa è che non importa dove si gioca, se si hanno le scarpe adatte, se le porte sono vere porte da calcio o se ci sono le linee del campo. L’importante è stare assieme, poi, tutto il resto, si rivela semplicemente un abbellimento del contesto in cui si calcia la palla. Infatti, pochissimi amanti del calcio sono cresciuti su campi belli come quelli di uno stadio, con le linee a delimitare il perimetro del rettangolo verde, a raffigurare il centrocampo, le aree, il dischetto del calcio di rigore e le lunette del calcio d’angolo. Qualcuno è stato fortunato ad avere le porte nel parchetto sotto casa, ma le reti non sono mai state un granchè, è inutile nasconderlo, del resto arrivava molto spesso il primo fenomeno che calciava a 180 km/h e bucava la rete, che veniva risistemata nei giorni successivi e nuovamente rotta (e nuovamente sistemata, creando una sorta di catena). Molta gente, però, è cresciuta giocando con gli amici nei parchi o nelle strade, con le porte delimitate o dagli zaini o dagli alberi, con la traversa che era sempre invisibile e, quando un tiro era alto, si litigava per decidere se fosse gol o rinvio dal fondo. L’abbigliamento non era mai quello del calcio ad 11 e c’era sempre chi aveva le scarpe da calcetto e chi era costretto ad arrangiarsi con quelle da ginnastica. L’arbitro non c’era mai, il fallo veniva concesso da entrambe le squadre solo quando chi lo aveva subito aveva ricevuto o un calcio o un cartone così forte da essere finito per terra imprecando. E, ovviamente, non c’erano neanche i guardalinee. Il fuorigioco non c’era perchè nessuno degli attaccanti aveva voglia di correre e di controllare se fosse oltre alla linea difensiva e, quindi, molto spesso, il più furbo si piazzava davanti al portiere, aspettava che gli arrivasse il pallone e lo metteva dentro. Quello che faceva sempre così, solitamente, era quello che sudava di meno, ma che trascinava di più la propria squadra verso il successo. Oggi, si prova nelle scuole calcio, con i bambini più piccoli, ad inserire l’auto-arbitraggio e quello sarebbe un bel progetto, dato che se tutti fossero sinceri risolveremmo ogni problema arbitrale e le prediche sul fair play diminuirebbero. Siamo tutti consapevoli, però, che questo non accadrà mai. Quindi, vale la pena rassegnarsi. Quando si è piccoli si hanno sempre degli idoli, dei calciatori a cui si vuole assomigliare perchè ci si innamora del loro stile di gioco, delle loro caratteristiche o di qualche altro elemento che li caratterizzia. Innanzitutto, quando si gioca per la propria squadra, che sia una partita di campionato o anche il più stupido torneo di calcetto, si prova ad avere il numero di maglia del proprio idolo. E ha senso usare la parola “prova” perchè spesso questo porta a discussioni e litigi. I fenomeni dei top club hanno poi portato ognuno a sognare di diventare dei campioni, di segnare in delle partite decisive, di vincere i titoli più importanti giocando negli stadi più belli al mondo. Molti non sono diventati dei calciatori straordinari, molti si sono accontentati di giocare con l’etichetta di “dilettante” nelle divisioni più basse, ma tutto questo non va visto come un qualcosa di negativo, come un fallimento, non bisogna pensare che sia stato tutto un’illusione. Di mezzo, c’è sempre stata la fantasia, che è una cosa fantastica perchè può riempire i momenti di noia portando a degli stimoli come quelli di uscire di casa per andare a tirare due calci al pallone. Tutto quello di cui si è parlato adesso, quindi di come si giochi a calcio da piccoli arrangiandosi come si può (che è un’altra cosa splendida) e di come l’importante sia stare assieme, non vale solo nel parco sotto casa nostra. Vale ovunque. E ci sono anche delle immagini a confermare questo.

Questa è un’immagine molto significativa. Non è la prima volta che appare su questo sito, perchè era già stata utilizzata in uno scorso articolo su Eric Cantona, quando parlò dei Mondiali in Qatar e di come fosse sbagliato, secondo lui (e secondo quasi tutti) disputare in quel paese la Coppa del Mondo. Vale la pena riproporre questa fotografia perchè c’è tutto quello di cui si è parlato prima. Inoltre, nell’articolo su King Eric, non era questo il soggetto principale del testo, ma le sue dichiarazioni, quindi ha senso sottolineare di nuovo, in maniera più approfondita, quanto sia bella quest’immagine, in cui ci ritroviamo tutti. Questa foto è stata scattata in Indonesia. Un gruppo di amici gioca a pallone per le vie di un paese. Tutti sono scalzi, il terreno di gioco su cui si svolge la partita non è di certo uno spettacolo ed è composto da fango e da altra spazzatura, accatasta vicina al “campo” per fare spazio ai giocatori che hanno trasformato quella che dovrebbe essere una strada in uno spazio tutto loro, almeno per la durata della partita. Tanti hanno giocato per strada, ma pochi in queste condizioni. Se guardiamo il contesto ci accorgiamo che è una zona degradata. Siamo abituati a vedere le partite di calcio, dove i giocatori entrano in campo passando per i tunnel, ma qui, il tragitto per arrivare sul terreno di gioco è composto da un ammasso di spazzatura ed altri oggetti che, a casa nostra, non siamo abituati a vedere per le strade. Il copertone, poi, è l’elemento che sottolinea ancor di più quale sia il contesto. Ma, nonostante ciò, i bambini corrono avanti e indietro inseguendo il pallone a piedi nudi, senza neanche pensare al fatto che potrebbero tagliarsi da un momento all’altro calpestando senza accorgersene uno dei mille rifiuti presenti. Se bisognasse descrivere il calcio dei bambini con un’immagine, questa sarebbe perfetta. Sarebbe perfetta anche perchè parla anche dei sogni dei bambini. La scritta “San Siro” in giallo, su quel muro, fa davvero capire che quello non è un campo da calcio, non per il problema della qualità, ma perchè quello si è trasformato in un luogo di spensieratezza, di gioia e soprattutto di immaginazione. Il messaggio che deve arrivare da questa foto non deve essere quello che il nostro campionato è uno dei migliori al mondo e che tutti sognano di giocarci (anche perchè, al giorno d’oggi, è molto indietro rispetto ad altri campionati europei) ma che tutti i bambini hanno l’immaginazione, che è un dono immenso perchè gli fa dimenticare il contesto in cui vivono. Una zona messa così male viene dimenticata dai più piccoli che giocano a pallone lì, perchè, per la testa, non hanno l’idea che c’è chi se la passa molto meglio di loro, ma hanno solo una voglia incontenibile di calciare quel pallone e di sognare di diventare dei campioni un giorno.

Lascia un commento