Novembre 19, 2024

Il terzo tempo

"When the seagulls follow the trawler, it is because they think sardines will be thrown into the sea"

Quando si parla dei portieri più forti della storia, poche volte si sente parlare di Peter Schmeichel, storico portiere danese, che però nella sua carriera è stato uno dei più importanti: ha rivoluzionato il suo ruolo, inventando nuovi stili e approcci tra i pali, diventando così uno dei precursori del “portiere moderno” che tutti gli allenatori oggi cercano.

Caratteristiche tecniche

Prima di parlare della carriera di questo straordinario atleta, è bene capire di che tipo di giocatore stiamo parlando: la caratteristica principale di Schmeichel era sicuramente la stazza, questo suo fisico molto imponente, particolarmente sviluppato nella zona della cassa toracica e delle spalle; basti pensare che era talmente grosso che, al suo arrivo allo united, il club dovette fabbricare una divisa apposta per lui. Questa sua corporatura importante gli permetteva di intimorire gli avversari in uno contro uno, dato che era anche molto agile, e inoltre gli permetteva di fare ogni tanto delle incursioni in attacco (in carriera ha infatti segnato 13 gol); da una di queste sue incursioni nacque il gol del pareggio per il Manchester United nella finale di Champions League del 1999. Aveva inoltre la caratteristica della parata a croce, stile di parata che i portieri danesi e tedeschi avevano importato dalla pallamano, sport molto sviluppato nei due paesi; con questa parata si va di fatto a coprire più specchio della porta possibile all’attaccante, e chiaramente Schmeichel la sapeva sfruttare molto bene essendo un colosso. La parata a croce è stata se vogliamo il simbolo di questo grande portiere. Per concludere, aveva anche una forte personalità nello spogliatoio: Peter è stato infatti il primo portiere in Inghilterra a imporre alla società di unificare l’allenamento portieri e quello dei calciatori di movimento; si narra anche che durante uno di questi allenamenti unificati, a causa di questa sua personalità, ebbe un battibecco concluso a botte con Keane: l’attaccante si fece male a una mano, e Schmeichel si ritrovò un occhio nero. A causa di questi allenamenti unificati, fu uno dei primi portieri a giocare coi piedi, e fece dei suoi lunghi lanci sulla fascia un’altra delle sue caratteristiche migliori.

La parata a croce di Schmeichel

La carriera in patria

Peter inizia la sua carriera a 8 anni nelle in una piccola squadra di Høje-Gladsaxe, un paesino danese; dopo due anni senza subire gol, passa alle giovanili del Gladsaxe/Hero, il miglior settore giovanile dell’intera Danimarca. Nella stessa squadra fece il suo esordio in terza divisione danese, contro l’IF Skjold Birkerød, squadra contro cui perse 1-0, ma si guadagnò comunque gli elogi della stampa per la buona prestazione. Su consiglio del suo allenatore, restò al Gladsaxe per alcuni anni, per poi passare all’Hvidovre nel 1983, squadra di prima divisone, dove ottenne subito il posto da titolare. In questa squadra fece esperienza nella massima categoria, dove giocando da titolare si fece notare da molte grandi società, tra cui il Brøndby, la squadra più importante della Danimarca, da cui venne acquistato nel 1986. Qui Schmeichel vinse 4 campionati in 5 anni, e arrivò a disputare una semifinale di coppa UEFA nella stagione 1990-91.

Un giovane Schmeichel con la maglia del Brøndby

Il Manchester United

Nel 1991, dopo essere diventato il miglior portiere del campionato in patria, passò al Manchester United per mezzo milione di sterline circa: qui raggiunse l’apice della sua carriera, e vinse ogni trofeo possibile. Sin da subito si affermò in Inghilterra come uno dei migliori portieri dell’epoca, e grazie anche alla sua grande personalità entrò subito nelle simpatie dei tifosi: allo United vinse 5 campionati, 3 FA Cup, 4 Community Shield, e, soprattutto, la memorabile Champions League del 1998-99. Memorabile poichè la finale è probabilmente una delle più iconiche della storia: infatti lo United, dopo aver battuto la Juventus in semifinale, si ritrovò sotto nella finale contro il Bayern Monaco dopo appena 6 minuti a causa del gol di Mario Basler; per tutta la partita i Red Devils si trovarono costretti ad inseguire il pareggio, e al 91′ minuto, per un calcio d’angolo, tutta la squadra, presa da una morbosa ricerca del pareggio andò a saltare in area, compreso Schmeichel stesso: fu proprio il portiere danese, grazie alla sua stazza, a disturbare la difesa in modo tale da far si che Teddy Sheringham, subentrato nel secondo tempo, potesse insaccare la palla in rete per l’1-1. Ma non era finita qui, poichè due minuti dopo i giocatori dello United, galvanizzati dal pareggio, con i tedeschi che probabilmente dovevano ancora riprendersi dallo shock, riuscirono a trovare il gol del 2-1 grazie a Ole Gunnar Solskjaer, e vinsero così la Coppa dei Campioni, ottenendo così anche il Treble.

Schmeichel con in mano la Coppa dei Campioni del 1999

Dopo lo United

In seguito a questa straordinaria vittoria, Schmeichel ebbe uno screzio con Sir Alex Ferguson: da questo litigio scaturì poi la conseguente cessione del portiere danese, che passò così allo Sporting Lisbona: questa sua parentesi durò solamente due stagioni, dove però Peter si mantenne un portiere di alto livello. Passati questi anni, sentì il richiamo dell’Inghilterra, e quindi tornò in questa sua seconda casa: approdò infatti all’Aston Villa, dove divenne il primo portiere a segnare 1 gol in Premier League, il 20 Ottobre del 2001 contro l’Everton. In seguito però, fece una cosa che da un ex United non ci si sarebbe mai aspettata: andò a giocare al Manchester City. Già all’epoca la rivalità fra le due squadre era sentitissima, tanto che i fratelli Neville, due icone dei Red Devils, in una loro dichiarazione dissero che chi giocava allo United non sarebbe mai potuto andare al City, al Leeds (altra grande rivale) e al Liverpool. Schmeichel ruppe questa tradizione, e nei Citiziens giocò la sua ultima stagione da calciatore. Si ritirò nel 2002, dopo aver vinto tutto il vincibile con i club in Inghilterra, ed essere stato un grande vincente anche nei confini europei.

Un anziano Schmeichel con la maglia del City

L’Europeo del 1992: il miracolo Danimarca

Schmeichel però non è ricordato solamente per i successi con le squadre di club: nonostante fosse danese, quindi non appartenesse a una nazionale famosa per la bravura dei suoi giocatori, ha comunque partecipato ad una delle più grandi imprese della storia del calcio: la vittoria dell’Europeo 1992.

Originariamente, la Danimarca non doveva neanche giocare questa competizione: infatti si era piazzata seconda nel suo girone, dietro alla Jugoslavia, e quindi doveva essere fuori. Ma lo scoppio della guerra nei paesi Balcani fece si che i danesi venissero ripescati. Così la federazione iniziò subito a chiamare i loro migliori giocatori per chiedergli se fossero disponibili: Michael Laudrup, probabilmente il più forte giocatore danese all’epoca, rifiutò la chiamata, mentre Schmeichel invece accettò; si dice che avesse ricevuto la chiamata mentre stava aggiustando una botte, quindi possiamo immaginare la sua sopresa nello scoprire della convocazione.

Già nel girone ci furono grandi sorprese: Francia e Inghilterra, due delle grandi favorite per la vittoria finale, vennero eliminate, e passarono così i due “Giganti del Nord”, ovvero la Svezia e la ripescata Danimarca, che aveva anche battuto i francesi all’ultima partita, raggiungendo così la semifinale.

Nella semifinale, i danesi si trovarono faccia a faccia contro l’Olanda campione uscente della competizione: era un Olanda veramente fenomenale, che poteva contare su assoluti fenomeni Van Basten, Rijkaard, Gullit e Bergkamp. Nonostante la presenza di questi fuoriclasse, i danesi non si fecero intimorire, e chiusero il primo tempo in vantaggio 2-1 grazie alla doppietta di Henrik Larsen; all’86’ però l’Olanda trovò il pareggio grazie al gol di Rijkaard, portando così la gara ai rigori. Qui Schmeichel, che già aveva giocato molto bene durante i tempi regolamentari, si rese davvero protagonista, parando il rigore a Marco Van Basten, forse il giocatore più forte dell’Olanda, e portando così la sua squadra in finale. Quel rigore è uno dei più iconici della storia delle competizione, anche perché, dopo l’errore, Van Basten scoppio in lacrime, probabilmente poiché sapeva che ciò che aveva fatto sarebbe poi risultato decisivo ai fini del risultato finale.

La finale, giocata allo stadio Ullevi di Göteborg, è tutt’oggi ricordata come una delle finali più strane della storia: infatti la Danimarca si trovò a dover fronteggiare la corazzata Germania, campione del mondo nel 1990 e appena riunificata, ed era quindi data da tutti come sfavorita. Incredibilmente però, grazie anche alle parate di Schmeichel, i tedeschi non riuscirono durante tutta la partita a insaccare la palla nella rete difesa dai danesi: al contrario, gli avversari riuscirono a bucare la porta difesa da Illgner prima con Jensen al 18′, già autore della doppietta in semifinale, poi al 78′ con Vilford, riuscendo così da completi outsider a trionfare in quella finale, e portando così a casa l’Europeo del 1992, che è ricordato ancora oggi come una delle più belle edizioni della storia.

Schmeichel con la maglia della Danimarca nel 1992

E questa signori, era la storia e la carriera di uno dei calciatori migliori della storia nel suo ruolo. Spero che, se siete arrivati fino a qui, abbiate apprezzato l’articolo. Nel mio piccolo, ho cercato di diffondere la storia di uno dei portieri che purtroppo sono tutt’oggi poco ricordati, ma che hanno dato un grande contributo alla storia di questo sport. Spero di esserci riuscito al meglio, perché davvero, Peter Schmeichel è uno di quei portieri che meritano molta più fama di quanta ne abbiano oggi.

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