Una brutta Italia sbaglia tutto ed esce meritatamente dall’Europeo
6 min readNella giornata di ieri è andata in scena Svizzera-Italia all’Olympiastadion di Berlino, uno stadio che quasi diciotto anni fa ci aveva visti alzare al cielo la Coppa del Mondo, ma che quest’anno ci ha chiuso la porta in faccia ed è teatro della nostra eliminazione contro gli elvetici. L’Italia gioca male e fatica a uscire dalla propria metà campo contro una squadra che, in quest’occasione, si dimostra superiore in tutto. Gli Azzurri non sono mai entrati in campo e i risultati si sono visti: la voglia di questi giocatori di vincere la partita sembrava assente, come le idee di gioco, sulle quali c’è molta confusione, ma con il passare del tempo speriamo che Spalletti riesca a trovare l’identità giusta per questa squadra.
La partita
Marciniak fischia l’inizio della partita, ma forse gli uomini di Spalletti non lo sentono e, infatti, nel primo tempo, la Svizzera fa il suo gioco e domina: l’occasione più grande è al ventiquattresimo minuto di gioco e capita sui piedi Embolo che, dopo aver ricevuto una splendida palla da Aebischer, si trova a tu per tu con Donnarumma, il quale riesce a respingere con una grandissima parata il tentativo dell’attaccante del Monaco e salva momentaneamente l’Italia. Ma solo tredici minuti più tardi torniamo a correre un altro rischio, questa volta più grande: Vargas, sulla corsia di sinistra, vede un inserimento in area di Freuler che, non seguito da nessuno, ha il tempo di controllare e calciare rasoterra sul primo palo, devìa forse il pallone Mancini e la palla entra; Donnarumma, qui, non può fare più di tanto. Dopo il gol, seppur non restino tanti minuti alla fine della prima frazione di gioco, gli Azzurri non tentano nemmeno di reagire e il primo tempo termina meritatamente 1-0 in favore della Svizzera. La speranza è quella di vedere due squadre in campo nel secondo tempo e, magari, di ribaltare il risultato, ma questo desiderio sembra vano: il direttore di gara fischia l’inizio del secondo tempo, ma sembra che anche questa volta gli undici giocatori in maglia azzurra non l’abbiano udito, e allora, dopo un lancio sbagliato di Fagioli, intercettato facilmente e immediatamente dalla nazionale svizzera, gli uomini di Yakin ripartono con un contropiede, conclusosi con il fantastico tiro a giro di Vargas sul secondo palo. Tiro bellissimo, peccato che abbiamo lasciato loro fare ciò che volevano. Donnarumma ci prova ma arrivare a respingere quella palla è davvero difficile, nessuna colpa per il portiere del PSG, probabilmente il migliore di questo breve Europeo. Se avesse parato anche questa, gli avrebbero dovuto fare una statua a Coverciano. Purtroppo, non siamo nemmeno riusciti a superare il record stabilito da noi stessi contro l’Albania, poiché questa volta sono passati ventisei secondi dal fischio dell’arbitro alla rete avversaria, contro la nazionale balcanica ne erano passati solamente ventitré. Tuttavia, una squadra normale solitamente reagisce quando si trova in svantaggio di due gol, ma forse ci sbagliamo. La prima grande occasione dell’Italia è all’ottavo minuto della ripresa, e solo in parte è scaturita dai nostri calciatori: Fagioli scodella il pallone in area per Chiesa, Schär colpisce di testa per allontanare ma la sfera si infrange sul palo della porta difesa da Sommer. Un po’ di fortuna ci avrebbe fatto comodo, ma non ce la meritavamo, è anche giusto così. Dopo settantatré giri d’orologio arriva il primo tiro in porta, se così si può definire, di un nostro giocatore: Retegui, dal limite dell’area, si gira e tenta di calciare in porta, ma il risultato è un tiro rasoterra, centrale e debole. Un minuto dopo, Cristante innesca Zaccagni in area, che fa una sponda per Scamacca, ma il giocatore dell’Atalanta, completamente da solo e quasi dentro la porta, riesce nell’impresa di colpire il palo. L’ex attaccante del Sassuolo era comunque in posizione di fuorigioco, ma è un errore che non ci possiamo permettere e che, qualora la posizione di Scamacca fosse stata regolare, sarebbe stato imperdonabile. Ciò che vogliamo sottolineare, riferendoci a questo errore, è la mancanza di voglia e, in questo caso, di cattiveria sotto porta, che non può assolutamente rientrare tra i punti deboli di una nazionale come l’Italia. Dopo qualche minuto si fanno vedere di nuovo in avanti gli elvetici con Zuber, che però non riesce ad inquadrare la porta e il pallone termina in rimessa laterale. Nulla da segnalare da qui alla fine, e il triplice fischio di Marciniak – forse questo l’abbiamo sentito – sancisce l’eliminazione dell’Italia da questo Europeo. L’eliminazione è assolutamente giusta, una squadra con poche idee e molta confusione: Spalletti, sia nelle amichevoli che a Europeo in corso, ha provato di tutto, e forse anche questo ha portato confusione nella testa dei giocatori. Ma quando si gioca a calcio, ci sono due elementi che non possono assolutamente mancare: la voglia e la cattiveria agonistica, che ieri ci sembravano sconosciute; questa caratteristica, che per anni è stata il nostro marchio di fabbrica e ci permetteva di giocare, più o meno, alla pari con tutti ed essere fastidiosi per chiunque, ieri è mancata.
Cosa ci resta?
Sicuramente tanta delusione per una nazionale che va in campo senza la determinazione e la voglia di vincere le partite. Dopo la partita con la Croazia, riacciuffata all’ultimo grazie a Calafiori e Zaccagni, speravamo di caricarci di più, speravamo che quel pareggio arrivato in quel modo ci avrebbe dato la carica giusta per affrontare al meglio le prossime partite. E se contro la squadra guidata da Dalic, dopo il gol subito, c’era stata una reazione, ieri non c’è stata, e riguardo alla partita contro Modric e compagni si è parlato proprio di quello come elemento positivo. Come ha detto anche Luciano Spalletti, però, le partite e il tempo a disposizione sono state poche, e si sa che in una nazionale ci vuole molto tempo per arrivare ad ottenere un’identità ben precisa; invece, una colpa che ci sentiamo di attribuire al tecnico toscano è l’avere cambiato troppi moduli e giocatori in poco tempo: bisogna avere un’idea chiara e portarla avanti, poiché è possibile che ci sia stata confusione nella testa dei calciatori, anche per via dei vari moduli e giocatori provati, che sono stati molti. Come già detto negli altri articoli sulle precedenti partite dell’Europeo dell’Italia, la preparazione non è stata delle migliori: le squadre affrontate non sono quelle con cui ci dobbiamo misurare. E anche l’attenzione nei primi minuti di gioco sembra essere uno dei punti deboli di questa squadra: con l’Albania abbiamo preso gol dopo ventitré secondi, con Spagna e Croazia al decimo del secondo tempo, e con la Svizzera il gol del raddoppio è arrivato al ventiseiesimo secondo della ripresa. Perciò sembra proprio che manchi l’attenzione in questi frangenti della gara. L’Italia non è mai stata la prima a passare in vantaggio in una partita di questo Europeo, e quando è andata sotto, solo una volta ha vinto la partita. Ma le colpe non vanno solo ad allenatore e calciatori, anche la Federazione, che non favorisce lo sviluppo dei settori giovanili nei club, ha fatto la sua parte; e i club stessi che ormai riempiono i propri settori giovanili solo di giocatori stranieri, non contribuiscono alla crescita del calcio in Italia. Detto ciò, riponiamo fiducia in Spalletti (l’ha fatto anche Gravina – che è fermamente convinto di continuare con l’ex CT del Napoli – nella conferenza stampa di oggi), che a livello di gioco speriamo e crediamo possa portare idee nuove e funzionali. Ha avuto poco tempo per lavorare e conoscere bene i propri giocatori, ma, come ha detto lui stesso, non è una giustificazione e si è anche preso la responsabilità di questo disastro.
Quando ci evolveremo come sistema, partendo dalla Federazione, che deve favorire lo sviluppo dei settori giovanili, e dai club, che, secondo noi, dovrebbero avere l’obbligo di avere un minimo di giocatori italiani sia nelle prime squadre sia tra i giovani, l’Italia potrà tornare competitiva a livello mondiale. Ma se i poteri forti, quali la FIGC, pensano solo al denaro e al bene di sè stessi, si va poco lontano.