L’esordio in Champions League, l’amore per Palermo e l’incontro con Shevchenko – La nostra intervista a Michel Morganella
9 min readVista la speciale occasione – il nostro terzo compleanno -, siamo tornati ad intervistare un calciatore arrivato a calcare palcoscenici davvero incredibili: Michel Morganella. Con una lunga chiacchierata, abbiamo ripercorso la sua strepitosa carriera. Sbocciato nel Basilea – con cui ha anche ottenuto qualche apparizione in Coppa UEFA e in Champions League -, è stato presto chiamato da Ballardini a vestire la maglia rosanero, con cui ha trovato la prima presenza in Serie A. In seguito a due anni al Novara di Tesser, necessari per la sua maturazione, è tornato nel capoluogo siculo. Qui, giocando con campioni del calibro di Dybala, è arrivato a disputare oltre 100 gare in massima categoria e a raggiungere grandi gioie personali.
Ci teniamo, pertanto, a ringraziare Michel per la straordinaria disponibilità e per la bella opportunità concessa.
“Partiamo dal Basilea: oltre al fatto che, per un anno, sei stato compagno di Rakitic, avete vinto il campionato. Cosa puoi dirci di quella stagione?”
“Io militavo nel Sion e per due anni ho giocato con i classe ‘88 – io sono un ‘89 e quindi ero con i più grandi -. Dopodiché, quando ho dovuto fare il salto nell’U18 appunto del Sion, che mi avrebbe fatto giocare con i ragazzi della mia età, mi ha contattato il Basilea, che mi aveva proposto di andare nell’U16 e, avendo questa possibilità, ho deciso di rifare l’U16 a Basilea, dove abbiamo vinto diversi campionati. Poi, ho fatto l’U18 fino ad arrivare all’U21, dove sono stato sei mesi, perché poi sono andato in prima squadra – il mio primo ritiro con la prima squadra a 16 anni -. Quindi, giocavo un po’ nell’U21 e un po’ in prima squadra, dove c’era Rakitic, che è un ‘88 e perciò è salito in prima squadra prima di me”.
“Sapresti confrontare l’emozione dell’esordio in Coppa UEFA con quella del debutto in Champions?”
“Già la prima presenza da professionista, per me, è stata un’emozione incredibile, perché avevo realizzato il mio sogno; mi hanno fatto esordire contro il Sion ed era il giorno prima del compleanno di mio papà. L’esordio in Coppa UEFA, invece, è stato ad Amburgo, davanti a 60.000 spettatori: è stato molto bello. Ma, per me, l’emozione più grande è stata sentire la musica della Champions, contro lo Sporting Lisbona. Certo, non ho fatto la Champions con il Real Madrid, ma con il Basilea. Avevamo una squadra competitiva in Svizzera, ma in Europa siamo usciti ai gironi, anche perché nel gruppo avevamo il Barcellona, che quell’anno ha vinto la Champions, lo Shakhtar Donetsk, che poi ha vinto la Coppa UEFA, e infine lo Sporting Lisbona. Ed è stato bellissimo sentire l’inno della Champions ed esordire da così giovane”.
“Cos’hai provato alla chiamata del Palermo? Cos’hai provato all’esordio in Serie A? Cosa puoi dirci di Ballardini?”
“Essendo mio papà di Benevento, io già da bambino seguivo la Serie A e il calcio italiano; tifavo Milan e il mio idolo, nonostante io sia un terzino, era ed è anche adesso Shevchenko – un idolo non si cambia e per me è stato un esempio -, perché da piccolo facevo la punta. Quando è arrivata la proposta del Palermo non ci ho pensato due volte, perché giocare nella massima serie svizzera era tanta roba, però ho preferito andare in Italia, anche se sapevo che qui i giovani trovavano poco spazio rispetto all’Inghilterra – gli unici che mi ricordo sono Balotelli e Santon -. Io ero giovanissimo e quindi ho avuto un minutaggio basso, però Ballardini mi ha fatto esordire contro il Bologna, la seconda ho giocato contro la Sampdoria e, poi, contro il Cagliari ho fatto il primo gol”.
“Hai mai avuto modo di incontrare Shevchenko? Hai avuto qualche contatto con lui?”
“In un Milan-Palermo, sia io che lui eravamo in panchina. Ballardini, a fine primo tempo, mi aveva mandato a scaldare – di solito, quando lui mandava a scaldare un giocatore, questo entrava -, quindi io ero molto contento di scendere in campo. Intanto, nel secondo tempo Shevchenko aveva effettuato il suo ingresso, mentre noi avevamo Cesare Bovo, che in quella partita è stato espulso e quindi il mister ha scelto Mirko Savini, anziché me, perciò non ho giocato contro Shevchenko. A fine partita, però, sono andato a stringergli la mano e gli avevo chiesto la maglia, però l’aveva già data a qualcun altro. Comunque per me è stato incredibile stringere la mano al mio idolo. Tra l’altro, prima di firmare al Basilea, mi aveva cercato il Milan per il settore giovanile, quindi mio papà era andato a Milanello, ma avevamo deciso di andare in svizzera, perché fuori dal campo non mi comportavo benissimo. E quell’anno, che Shevchenko aveva vinto il pallone d’oro, mi aveva regalato la maglia firmata con dedica”.
“La promozione conquistata ai play-off con il Novara? Tra l’altro hai fatto assist nella finale di ritorno”.
“Anche quella è stata un’emozione unica, perché Attilio Tesser – che era l’allenatore – mi ha dato fiducia sin dai primi giorni; io ho lavorato tantissimo, ho giocato titolare in Serie B, poi siamo saliti in A, dove ho disputato il secondo anno a Novara. È stato bello e, anche se quella piemontese non è una piazza grande come Palermo, ho vissuto l’esperienza al massimo e abbiamo anche scritto la storia, perché la società è tornata nella massima serie dopo 56 anni. Mi sono trovato veramente bene e ancora oggi ho dei contatti lì”.
“Cosa ricordi più volentieri dell’anno in A con il Novara?”
“Mi ricordo che abbiamo vinto entrambe le partite contro l’Inter, ma quell’anno si è disunito un po’ il gruppo, che è stata la nostra forza l’anno della promozione. E, dopo il salto di categoria, il Novara ha fatto diversi acquisti, così si è rovinato il gruppo, ma non do colpe a nessuno, perché tutti le abbiamo, e poi siamo retrocessi. Mi sono, comunque, divertito e sono stato bene, anche perché è stata un’esperienza molto utile, in cui ho giocato sia in cadetteria che in Serie A, lavorando duro e dimostrando il mio valore. Così sono tornato al Palermo e ho giocato titolare; per me è stata la rivincita dei primi due anni in cui ho visto poco il campo, perché ero giovane e mi mancava l’esperienza”.
“Tra l’altro, quel Palermo ha avuto giocatori come Dybala, Ilicic e Cavani. Cosa ti ha impressionato di più di loro?”
“Erano tutti dei campioni, ma quello che mi ha impressionato di più è stato Dybala: l’anno della Serie B non giocava neanche titolare, ma è un calciatore di grande qualità che ha lavorato tantissimo a testa bassa, finché non gli è stata concessa la possibilità di trovare spazio e mettere in mostra le sue qualità, notate poi dalla Juve”.
“In quel periodo, sei riuscito anche ad esordire in nazionale svizzera. Che emozione è stata?”
“È stata una grande emozione, anche perché io ho fatto lì tutto il settore giovanile. Ho avuto questa fortuna, ma purtroppo ho disputato solo tre amichevoli: ho avuto brutti infortuni che mi hanno un po’ ostacolato. Però, io mi concentravo di più sul club in cui giocavo; la nazionale, per me, era qualcosa in più, che mi guadagnavo se facevo bene in campionato. E, poi, avevo davanti a me un giocatore come Lichtsteiner, che ha giocato alla Lazio e alla Juventus ed era titolare nella Svizzera. Però, quando andavo là, allenandomi, osservando e parlando con gli altri giocatori, che mi hanno dato molti consigli, ho imparato tanto. Non ho giocato né un Europeo né un Mondiale, ma non fa niente”.
“Tornando al Palermo, per un anno hai avuto come allenatore Gattuso. Qual è la cosa più strana che ha mai fatto in allenamento?”
“Faceva di tutto: è un mister che mi è piaciuto molto. Secondo me, a Palermo ha pagato la sua mancanza di esperienza come allenatore – è stato esonerato dopo otto partite, se non mi sbaglio – ma io mi sono trovato veramente bene con lui, perché aveva veramente un bel feeling con noi giocatori: scherzava e, quando bisognava lavorare, si lavorava. Ci faceva anche degli scherzetti, ci faceva le scivolate o, per esempio, in ritiro, quando faceva caldo, ci rovesciava addosso i secchi d’acqua; mi è piaciuto molto, purtroppo è durato poco a Palermo”.
“Il mister arrivato dopo Gattuso è stato Iachini. Cosa puoi dirci di lui?”
“Con Iachini sono stato molto bene: è stato il mister con cui mi sono trovato meglio, anche perché era riuscito a tirare fuori le mie qualità migliori e, purtroppo, quando ho raggiunto il top della forma, mi sono rotto il crociato”.
“Cos’hai provato quando hai segnato il primo gol in Serie A contro il Cagliari?”
“È stato bellissimo, perché io da bambino facevo l’attaccante e segnavo tanti gol, poi mi è stata data l’opportunità di giocare sulla fascia destra e ho deciso di farlo senza problemi, nonostante facessi l’attaccante e non fosse il mio ruolo; quindi, visto che in attacco c’era tanta concorrenza, ho deciso di sfruttare questa occasione. Infatti, all’inizio facevo fatica perché era un ruolo che non avevo mai ricoperto. Invece, oggi i ragazzini, magari, rifiutano una possibilità di questo tipo, ovvero andare in prima squadra ma giocare fuori ruolo. Invece, secondo me è sbagliato, perché credo che i giocatori debbano imparare a giocare in tutti i ruoli, e quando arrivi a un passo dalla prima squadra, hai più possibilità di andarci. E sotto quest’aspetto mi ha aiutato molto Gasperini: con lui ho giocato esterno a destra, a sinistra, ogni tanto ho fatto il centrale o la mezz’ala; se mi dicevano che avrei giocato fuori ruolo, avrei cercato di fare il meglio”.
“Due tuoi compagni di squadra in A con il Palermo sono stati Gilardino e Maresca: ti aspettavi potessero fare così bene anche in veste di allenatori? Com’erano in spogliatoio?”
“Maresca è un leader: sapeva parlare molto bene con i giovani, e sia lui che Gilardino sono grandissime persone e sono contento della carriera che stanno facendo da allenatori. Forse, parlava di più Maresca rispetto a Gilardino, perché Gilardino era un attaccante e quindi, magari, per lui era più difficile dare consigli a un terzino o un difensore, per esempio; invece, Maresca era proprio un leader, parlava tanto con i giovani che c’erano in spogliatoio e si adattava alla diverse situazioni: se doveva fare il difensore, ad esempio, lo faceva”.
“Quanto è stato pesante l’infortunio al crociato? Come si vive mentalmente e fisicamente un periodo simile ai box? Cos’hai provato quando hai rivisto il campo con l’Atalanta?”
“È stato molto difficile, e voglio dare un consiglio a chi vive questi tipi di infortuni: è la testa che comanda, bisogna saper prendersi il tempo, fare le cure con la testa e aspettare il tempo giusto. Se uno ha pazienza, torna in campo; se, invece, uno ha fretta e vuole fare le cose velocemente, non recupera bene e non tornerà più come era prima. Ed è difficile, anche io ho avuto dei periodi negativi, in cui pensavo di essere in difficoltà, invece bisogna stare sul pezzo mentalmente. Poi, quando sono tornato, ho ripreso il mio posto da titolare”.
“Cosa ti ha spinto a rimanere in rosanero anche dopo la retrocessione?”
“Io sono molto legato con la città di Palermo e con la piazza, ho trovato degli amici, sono stato bene. Palermo è la mia seconda casa, e sarei rimasto lì anche in Serie D. Non sono rimasto perché mi era scaduto il contratto, mi avevano promesso il rinnovo, ma poi non l’hanno fatto. L’anno dopo è fallito il Palermo, ma nonostante il mancato rinnovo sono andato avanti senza problemi. Ho Palermo nel cuore”.
“Adesso ti dedichi al montaggio di pannelli solari. Da cosa nasce questa tua passione?”
“I miei due figli maschi ora giocano nel Milan, quindi io sarei dovuto stare in una periferia di 70 chilometri per lasciare i miei figli a Milano. Quando ho deciso di chiudere la carriera, potevo decidere di andare da un’altra parte, anche all’estero o al sud volendo. Però mi sarei dovuto spostare di nuovo e portare via i bambini da Milano, perciò era difficile, Dunque, ho deciso di chiudere la carriera e seguire i miei figli. Invece, riguardo al lavoro, quando ero piccolo e volevo guadagnare un po’ di soldi, andavo nella ditta dove lavorava mio papà per fare dei lavoretti manuali, e mi è sempre piaciuto. Alla fine della mia carriera, che mi sono goduto e di cui sono molto felice, sono tornato alla normalità; e, siccome non ho una formazione di alcun tipo, ho deciso di mettermi alla prova e imparare a fare qualcosa di nuovo: ho avuto questa opportunità di occuparmi dei pannelli fotovoltaici, e da un po’ di mesi lavoro in questa ditta, dove ho imparato parecchio – non è sicuro che faccia questo tutta la vita, perché sto lavorando su qualcos’altro -. Non c’entra niente con il calcio, visto che ci si deve alzare presto, si va in cantiere e non è facile, però al momento mi godo il lavoro, ho trovato degli amici, al momento mi godo il lavoro, ho trovato degli amici, siamo una bella squadra, lavoriamo, ci divertiamo e torno a casa con il sorriso”.