Gli insegnamenti di Sebastiano Rossi, la Serie B con l’AlbinoLeffe e Paolo Zanetti – La nostra intervista a Daniel Offredi
10 min readAbbiamo avuto la bellissima occasione di intervistare Daniel Offredi, portiere del Villa Valle. Parliamo di un giocatore che ha realizzato una carriera davvero interessante, partendo dal settore giovanile del Milan e arrivando addirittura in Serie B con l’AlbinoLeffe, con cui ha scritto la pagina più interessante – e, se vogliamo, anche romantica – della sua esperienza da calciatore. Una maglia che, peraltro, lo ha portato a condividere lo spogliatoio con un attaccante come Belotti e a venire allenato da un mister del calibro di Mondonico. Ma non è finita qua, perché si è reso protagonista di due bei capitoli della sua storia anche con Triestina e Sudtirol (in seguito a due parentesi con le casacche di Avellino e Bari), dove ha conosciuto tecnici come Pavanel e Zanetti. Dopo queste avventure, è rientrato nella squadra che l’aveva lanciato in cadetteria, per poi approdare in D, appunto al Villa Valle. Con una lunga chiacchierata, Daniel ci ha permesso di ripercorrere tutte queste tappe della sua speciale carriera, dunque ringraziamo sia lui che la società per averci concesso questa grande opportunità.
Una grande parata dell’estremo difensore del Villa Valle (foto: A.S.D. Villa Valle)
“Partiamo dal settore giovanile del Milan: quali sono gli aspetti su cui più insistono società così competitive? Com’era il tuo rapporto con Filippo Galli?”
“Penso che, da allora ad adesso, i settori giovanili siano cambiati tanto: non so paragonarli, però vedo che oggi i ragazzi hanno molte più possibilità di uscire appunto da un settore giovanile e andare a militare nel professionismo – magari anche in B o n A -, rispetto ad una volta. Mi rendo conto che, comunque, quando ero in rossonero, c’erano Aubameyang, Astori, Bruscagin, Di Gennaro… giocatori abbastanza forti, che, però, facevano fatica ad andare nel calcio che contava: magari li giravano in C prima, invece adesso c’è meno difficoltà di andare nelle prime squadre di categorie alte. Questa credo sia la differenza più grande: giusto così, da una parte, perché i giovani vanno valorizzati e messi in mostra, quindi bisogna dargli spazio; dall’altra parte, però, sono un po’ più penalizzati rispetto ai miei tempi. E, quindi, se uno era titolare in C o in B, voleva dire che era davvero forte – non c’erano regole che obbligassero a schierare calciatori “alle prime armi”-. Parlando del mister, invece, c’era un rapporto normale; io avevo più contatto con il mister dei portieri – Seba Rossi -. Con lui avevo legato tanto: oltre che un grandioso calciatore, è stata una fantastica persona, una guida in quegli anni. Aveva carattere e mentalità forti, mi ha aiutato tanto. In più andavo a fare il terzo portiere con la prima squadra: c’erano William Vecchi e Abate e, anche con loro, vista pure la mia giovane età, è stata un’esperienza bellissima, che mi ha portato ad allenarmi con campioni come Dida. E poi sono passato al Sesto”.
“Altri campioni con cui hai giocato sono stati Nesta e Serginho: cosa puoi dirci di loro due?”
“Sì, in prima squadra c’erano Nesta, Serginho, Ronaldo, Pirlo: il Milan quello vero, diciamo. Era il periodo in cui salivamo con Paloschi, che fece quel gol contro il Siena dopo nemmeno 20 secondi”.
“Come hai vissuto il passaggio dal Milan alla Serie C e cos’hai provato al debutto contro il Vicenza?”
“Come ho già detto, dal Milan sono passato in Serie C1, a Sesto. Quell’anno ho giocato quasi tutte le partite: non è facile, per un giovane, entrare nel mondo dei “grandi”, perché, comunque, c’erano tanti calciatori di esperienza molto forti e pochi che avessero la mia età. Lì è stata la mia prima avventura in una prima squadra e ho disputato quasi ogni gara. È stato un bel capitolo: è stato il via della mia carriera”.
“All’AlbinoLeffe hai avuto Mondonico: parlaci un po’ di lui”.
“Anche lui è stato un grande allenatore. Magari era uno che dava un po’ più di fiducia ai giocatori grandi, ma, d’altronde, era il suo modo di giocare e di allenare – come ho già spiegato, i giovani erano meno considerati di adesso -. Oggi devi stare attento, invece, a parlare appunto con gli atleti emergenti: devi aiutarli per farli crescere, invece, prima, o eri davvero bravo, o duravi poco”.
“Sei poi passato alla Reggiana: magari non hai giocato tantissimo, ma cosa ricordi più volentieri di quell’esperienza? Tra l’altro, hai preso gol da un giocatore come Galabinov”.
“Sinceramente, di Galabinov non mi ricordo tanto, però la mia esperienza in Emilia è stata stupenda, una delle prime “fuori casa”. Sono stato benissimo: c’era Beppe Alessi, con cui mi sento tuttora. Ho trovato amici e, a distanza di anni, ci incontriamo e ci parliamo ancora. Abitavo ad Albinea e ho solo dei bei ricordi della Reggiana, poi c’era mister Mangone, che ho ritrovato all’AlbinoLeffe e al Villa Valle lo scorso anno. Reggio è una realtà che mi è rimasta dentro, sia per la squadra e la città, sia per le persone”.
“Rientrato all’AlbinoLeffe, hai preso 5 gol dal Pescara, che aveva in campo Immobile e Insigne. Cosa puoi raccontarci di quel match?”
“Quell’anno è stato un po’ così così. Era il Pescara di Zeman, che ha poi vinto il campionato e in quella partita ci avevano proprio asfaltato. Siamo rimasti impressionati; dovevano vincere loro: quella squadra era una macchina da guerra. In quella stagione ho pure parato un rigore a Missiroli, in casa”.
“Purtroppo siete retrocessi: cosa si prova a scendere di categoria? C’è stato, comunque, qualcosa di positivo che ti è rimasto impresso da quell’anno?”
“È stato un anno importante, poi, nella stagione dopo, purtroppo, per via del calcio scommesse, siamo partiti con diversi punti di penalizzazione in Serie C. Pensavamo di essere spacciati già prima di iniziare, invece per poco non arrivammo ai play-off. È stata comunque una bella annata, anche perché, quando avevamo a 0 punti, c’erano squadre che ne avevano già 10, quindi era impensabile arrivare a sfiorare i preliminari per il salto di categoria. Invece, con Alessio Pala – c’era anche Belotti – facemmo un bel campionato”.
“Hai citato Belotti, ma hai avuto come compagno anche Valoti”.
“Sono due ragazzi simili: molto seri, due grandi lavoratori, due che si impegnano sempre al massimo, con dei valori. Avere dei valori, però, non è abbastanza: devi impegnarti tutti i giorni con la mentalità e la voglia. E loro avevano quella fame, quel qualcosina in più che gli ha permesso di arrivare dove sono oggi: la qualità non è sufficiente, sennò non resisti in quelle categorie, ma loro si sono meritati di fare queste grandi carriere”.
“Nel campionato 2014-2015 avete fatto parecchio fatica e avete cambiato diversi mister. Cosa ti ricordi di quell’annata?”
“È stato un cammino tortuoso: abbiamo cambiato diversi allenatori e le cose non sono andate bene, nonostante avessimo una squadra forte. Alla fine retrocedemmo a Pordenone, nell’ultima gara”.
“Sei poi passato all’Avellino e hai avuto mister come Tesser e Marcolin: cosa ti ha colpito di loro?”
“Quando ho ricevuto la chiamata dell’Avellino avevo 26-27 anni; sarei potuto andare anche in Serie C, però, visto che l’età era quella giusta, desideravo provare a fare il salto di categoria. Nei primi campionati all’Albinoleffe ero “giovane”, lì ritenevo di essere abbastanza maturo per fare qualcosina in più. Purtroppo, però, non è andata come speravo: ho trovato poco spazio fin da subito – nonostante avessi tre stagioni di contratto – e sono partito come secondo. Anche lì, però, ho avuto il piacere di giocare con grandi calciatori e conoscere ottimi mister, come Tesser – è stato un grande allenatore e non c’è bisogno che ne parli io – e Marcolin. Quest’ultimo è rimasto poco, però aveva delle sue idee: sarebbe stato anche lui un ottimo tecnico, poi ha deciso di intraprendere una carriera da telecronista. Mi sono trovato bene con lui”.
“Quell’Avellino aveva giocatori come Roberto Insigne, Trotta e Tavano: cosa puoi dirci di loro?”
“C’era anche Djimsiti – oggi all’Atalanta – ma pure Gonzalez, che arrivava dal Verona. Mi sono trovato bene anche lì: loro sono ragazzi forti. Come ho già affermato, se vieni confermato e rimani in questi campionati, vuol dire che sei davvero bravo”.
“Che emozione hai provato nelle due gare contro Perugia e Virtus Entella?”
“Erano le ultime di fine campionato: sentivo che non era la bella sensazione di giocare perché meritassi il posto, poiché è la “classica” partita che ti fanno disputare verso il tramonto della stagione. Era una sorta di contentino da parte della società, infatti poi, visto che avevo un minutaggio basso, ho preferito scendere di categoria per avere più continuità”.
“Al Sudtirol, dove ti sei trasferito successivamente, hai trovato Paolo Zanetti: qual è l’aspetto che più ti ha impressionato di lui?”
“La dedizione al lavoro: curava i minimi dettagli, provava mille cose, ci faceva studiare gli avversari, analizzava la nostra squadra… In campo, con lui, dovevi andare per forza a 2000. Tra l’altro, lui proveniva dal settore giovanile della Reggiana. Era un professionista e dovevi sempre dare il massimo, infatti, quell’anno, con una squadra di “giovani”, arrivammo secondi in campionato, davanti proprio ai Granata. Perdemmo poi la semifinale a Cosenza, che vinse i play-off”.
“Nell’annata 2018-2019 avete fatto un bel cammino in Coppa Italia e siete stati eliminati solo dal Toro di Mazzarri – Bremer, Lukic e Baselli in campo -, oltre tutto c’era Belotti in panchina. Vi siete salutati? Com’è il tuo rapporto con lui oggi?”
“Quando abbiamo giocato contro, lui mi ha regalato la maglia – con dedica -, che ho appeso in casa. Lui era giovane quando era all’AlbinoLeffe: siamo ragazzi del paese, quindi, anche se dopo diventano campioni, sono persone umili. Poi, certo, ci si allontana e si va in categorie diverse, quindi, magari, non c’è quel contatto telefonico ogni giorno, però, quando ci si vede, è sempre un piacere stare insieme”.
“Un altro compagno piuttosto forte che hai avuto è stato Casale: ti aspettavi potesse arrivare così in alto?”
“C’erano tanti giovani interessanti, come Erlic – oggi al Sassuolo e in nazionale croata -, poi Gyasi, ma non solo. C’erano tanti ragazzi che, magari, erano alle prime esperienze, però Zanetti è riuscito a trasmettergli quel qualcosa in più per poterli lanciare nel calcio che conta. Loro erano tutti giovani, però, con le sue idee, credo che il mister gli abbia dato una grossa mano per poter intraprendere questa carriera. Le qualità già le avevano, però è stato l’allenatore ad insegnargli la mentalità e a spiegargli come fare valere le loro abilità appunto. C’era Casale, che non giocava così tanto, poi c’erano anche – ripeto – Erlic e Gyasi: erano giovani, però è da lì che sono poi partiti quasi tutti”.
“Ti sei trasferito successivamente alla Triestina: che tipo è Pavanel?”
“Ho fatto un anno e mezzo a Sudtirol, poi sono andato a Trieste. Con Pavanel abbiamo sfiorato l’impresa quell’anno, perdendo in finale con il Pisa, però il mister è stato bravissimo, oltre tutto è una persona eccezionale. Diciamo che era un padre per tutti: ci proteggeva molto e curava l’aspetto personale. Aveva qualcosa in più sotto questo punto di vista: ci teneva molto ad essere chiaro e diretto e, se c’era qualcosa che non andava, potevi parlare con lui. Umanamente parlando era speciale e come allenatore non era da meno”.
“Hai esordito, inoltre, proprio contro l’AlbinoLeffe”.
“Pareggiammo 1-1, loro fecero gol su rigore. Quando giochi contro le ex squadre non cambia niente dai: pensi solo alla squadra per cui giochi e basta. Ho esordito, comunque, in un grande squadra, in una bellissima piazza: ero più emozionato per il debutto con la Triestina, piuttosto che per il fatto che affrontavo una formazione a cui, comunque, ero e sono molto legato”.
“A proposito di ex squadre, l’anno dopo avete battuto il Sudtirol ai play-off: che soddisfazione è stata?”
“Lì mi è dispiaciuto, perché avevo amici come Fink e Tait, con cui sono rimasto in contatto. Noi abbiamo vinto, ma loro hanno festeggiato due anni dopo la vittoria del campionato a Trieste, però, tornando a quella volta, ero un po’ triste, ma ognuno poi pensa ai suoi risultati. Noi eravamo contenti per il nostro traguardo, però io sono stato felice quando hanno vinto a Trieste – in quel momento noi eravamo in corsa per i play-off -. Sapevo, inoltre, che, visto il progetto a lungo termine che aveva il Sudtirol, prima o poi avrebbe dovuto vincere il torneo”.
“Cosa ti ha portato a tornare all’AlbinoLeffe?”
“È capitato che a Trieste è morto il presidente e si sono poi iscritti all’ultimo momento. Ascoltando il procuratore, visto che avevo fatto un anno e mezzo in Friuli – play-off ogni stagione -, pensavo che avrei avuto qualche proposta allettante, ma così non è stato. Dunque sono rimasto a casa quei 6 mesi, poi ho avuto altre richieste, però poi la vicinanza verso casa, visto che ho due bimbi, mi ha portato a rientrare all’AlbinoLeffe. C’era Aladino Valoti, che avevo già avuto in passato: mi aveva chiesto se fossi disposto a scendere per dargli una mano. Siamo scesi e poi alla fine ci siamo salvati col Mantova ai play-out, poi, per via di certe dinamiche, ho dovuto aspettare il mercato, solo che non volevo rimanere fermo come prima, perché, comunque a me piace giocare. Sarei diventato matto a stare a casa ad aspettare la chiamata di qualcuno”.
“E come sei arrivato al Villa Valle?”
“Nei 6 mesi da svincolato mi allenavo già nel Villa Valle: il presidente mi aveva dato questa possibilità per tenermi in movimento. Non sono riuscito a trovare squadra dopo l’AlbinoLeffe e sono stato richiamato dal presidente della società in cui milito tuttora, che mi ha detto:”Cosa ne dici di venire qua?”. Io, anziché aspettare ulteriormente, ho accettato subito questo trasferimento, a costo di scendere di categoria, tornando comunque vicino casa. Quindi sono rimasto al Villa Valle”.
“E quali sono stati i momenti più belli con questa maglia?”
“Non avendo mai giocato in Serie D, non sapevo come fosse qualitativamente, però devo dire che sono rimasto stupito: si avvicina molto alla Lega Pro, perché il livello dei giocatori non ti dico sia uguale, ma ci manca poco. Comunque è stato un anno positivo: abbiamo fatto record di punti per la società, ho totalizzato 7 clean sheet di fila, ho parato 2 rigori su 3 e ho mantenuto la porta inviolata in 10 occasioni su 21 incontri disputati (sono arrivato a ottobre). Ci siamo salvati alla grande, visto che, nelle ultime stagioni, il Villa magari si salvava ai play-out o all’ultima giornata, invece, quest’anno, abbiamo ottenuto la permanenza in questa categoria a 7-8 gare dalla fine. È stato un bel campionato, una bella esperienza”.