Dicembre 21, 2024

Il terzo tempo

"When the seagulls follow the trawler, it is because they think sardines will be thrown into the sea"

“Vorrei portare il Castellarano dove merita” – La nostra intervista a Nazzareno Belfasti 

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Abbiamo avuto il grande piacere di fare una lunga chiacchierata con Nazzareno Belfasti, terzino sinistro del Castellarano, autore di una grandissima carriera. Cresciuto nei settori giovanili di Modena e Juventus – ha avuto modo di giocare anche con Pirlo, Chiellini e Del Piero -, è sbocciato nel Gubbio di Galabinov. L’esperienza più positiva della sua carriera, però, è stata quella con la maglia della FeralpiSalò, che gli ha permesso di conoscere un allenatore davvero speciale: Beppe Scienza. Qui ha collezionato oltre 20 presenze in un campionato, facendo particolarmente bene, prima di trasferirsi alla Carrarese di Tutino. In seguito anche ad una bella avventura con la Reggiana, in Serie D, è approdato nel calcio dei ‘dilettanti’. Oggi è fiero di rappresentare il suo paese, giocando in una squadra che sogna di portare almeno in Eccellenza. 

“Partiamo dal settore giovanile del Modena: non vincevate tantissimo, ma ti sei messo in mostra. Cosa ricordi più volentieri di quegli anni?” 

“È stata un’esperienza molto affascinante. Non ho praticamente mai giocato con quelli della mia età, ma sempre con quelli più grandi di me, quindi passare da Castellarano a Modena è stato un bello step. Andare subito con gente più matura di me è stata una cosa molto bella. Ringrazio questo tipo di percorso, visto che mi ha fatto maturare tanto. Allenarsi con chi ha più esperienza è costruttivo: si impara sempre di più. A 15 anni ho avuto la possibilità di trascorrere un’intera stagione con la prima squadra e di fare anche 13-14 panchine in Serie B, qualcosa che ancora ricordo volentieri, dopo tanti anni”. 

“Il passaggio alla Juve?” 

“Ho avuto la fortuna di fare due anni molto positivi nella Primavera della Juventus, con calciatori di alto livello. Uno di questi è Leonardo Spinazzola, con cui ho condiviso la camera per due anni. Inoltre, a quei tempi 4 o 5 ragazzi andavano con la prima squadra il giovedì, che quel giorno affrontava un undici di Serie D per provare la formazione per la domenica. Ho avuto, dunque, tante volte, la possibilità di allenarmi con i più grandi, quindi con Del Piero, Chiellini, Marchisio, Pirlo… Tornando a Spinazzola, però, quando sono approdato in bianconero, avevo già capito che aveva grandissime potenzialità e, infatti, non a caso è arrivato in alto. Diciamo che è stato un mix di emozioni abbastanza importanti”. 

“E hai avuto come mister Baroni”. 

“Sì, ho avuto il primo anno Bucaro, mentre il secondo Baroni, con cui ho vinto il torneo di Viareggio”. 

“Cosa puoi dirci di questi due tecnici?” 

“Bucaro l’ho conosciuto lì, mentre Baroni sapevo già chi fosse e come allenava. L’approccio del primo lo vedevo più adatto per una prima squadra, mentre il secondo lo ritenevo, in quel momento, molto più propenso a lavorare con un settore giovanile”. 

“E quali differenze hai notato tra gli allenamenti in Primavera e quelli in prima squadra?” 

“Parto dal presupposto che non cambia niente, nel senso che un allenamento fatto in Primavera, per impostazione e altri aspetti, è come uno in prima squadra. Cambiano, ovviamente, le qualità: Pirlo giocava anche con la benda, sapeva già la giocata tre ore prima, rispetto ad un ragazzo del vivaio, ma com’è giusto che sia, perché, comunque, stiamo parlando di Juventus e non – con tutto il rispetto – di squadre di leghe inferiori. Si notava, quindi, questa cosa negli allenamenti, di cui, tuttavia, la base è la stessa, seppur – ripeto – le doti sono differenti”. 

“Sei anche stato chiamato in nazionale, con cui hai affrontato la Francia di Areola, Umtiti e Pogba. Che emozione è stata per te?” 

“Ho fatto un paio di anni in nazionale. In quella Francia c’erano anche Gouano – mio compagno alla Juve – Digne, Martial… è stata una bella emozione, soprattutto perché quelle erano le mie prime partite in maglia azzurra. È bellissimo rappresentare il proprio Paese ed è ancor più speciale affrontare calciatori che, magari, il giorno prima vedevo su Sport Mediaset o Sky Sport. Ovviamente, mi ha fatto molto piacere, quindi giocarci contro è bello anche per via del fatto che, se sei lì, evidentemente hai delle doti importanti e, oltre tutto, scendere in campo contro questi fenomeni ti permette di imparare”. 

“Dopo la Juventus, sei tornato a Modena, dove hai totalizzato 9 presenze. Un tuo compagno di squadra era Michele Trombetta, diventato recentemente famoso per via del torneo della Kings League. Cosa pensi di questa vicenda? Se avessi avuto tu questa opportunità, come avresti reagito?” 

“Ho giocato per 6 mesi nella Primavera del Modena e ho avuto modo di conoscerlo. Dopo la Juventus sono tornato in gialloblù, dove c’era la vecchia società – mi aveva cercato Fausto Pari -. Successivamente è arrivata la dirigenza nuova, con Caliendo, ed a alcuni di noi hanno detto che non avremmo più fatto parte del progetto. Io, quindi, per tenermi allenato, mi andavo ad allenare in Primavera e c’era Michele Trombetta. L’ho conosciuto lì, prima di trasferirmi a Gubbio, a gennaio. Riguardo l’esperienza che ha avuto, io l’ho seguita fino ad un certo punto, anche se prima ne stavamo parlando anche in spogliatoio. È stata, per lui, una cosa molto positiva, che l’ha portato a crescere molto mediaticamente, oltretutto sta facendo benissimo in campionato già da un paio di anni. Questa competizione gli ha permesso di mettersi in mostra ancora di più, tanto da venire chiamato dalla Giana Erminio e di affacciarsi sul panorama dei professionisti, quindi tanto di cappello. Era un torneo con tanti calciatori interessanti e molto seguito, che ha portato i suoi frutti. Secondo me, però, sarebbe arrivato in Serie C anche senza questa competizione, visto il grande rendimento delle ultime stagioni. Ha fatto comunque bene a sposare questo progetto, che gli ha permesso di farsi notare maggiormente”. 

“Hai citato il Gubbio: c’era Galabinov, quindi, quanto era forte quella squadra? Quali erano le sue potenzialità?” 

“Venivo da due anni in Primavera, dunque ero ancora giovane – avevo 18 anni -. Inoltre, dopo le tante panchine in Serie B, il Gubbio mi ha permesso di esordire tra i professionisti. Galabinov, se non avesse avuto infortuni e altri problemi, sarebbe potuto davvero diventare un attaccante scomodo. A me è sempre piaciuto tantissimo e comunque mi ha aiutato parecchio perché, per un ragazzo che arriva in un contesto nuovo a gennaio, da giovanissimo, non è semplice, pertanto avere il suo supporto è stato molto importante. Ho avuto la fortuna, tra l’altro, di legare molto con lui, perché ha giocato anche con il Castellarano, dove abito io. Quindi, io posso solo spendere belle parole a suo favore, soprattutto per la persona che era: era molto nel suo, perché comunque non “strafaceva”, però mi sono trovato molto bene con lui. La stessa cosa vale per Patrick Ciurria, che è uno dei miei migliori amici stretti”. 

“Hai poi avuto una parentesi alla Pro Vercelli, dove hai condiviso lo spogliatoio con un giocatore come Mattia Bani, oggi al Genoa. Che ambiente hai trovato? Come si lavora lì?” 

“Mi sono trovato molto bene. Sono capitato in una squadra che aveva ambizioni molto importanti – l’obiettivo era quello di vincere il campionato e ci siamo riusciti -. Io ho trovato poco spazio, ma perché c’era una fila di giocatori molto forti. Mi sono trovato molto bene nonostante abbia giocato poco; poi, a gennaio, sono tornato a Gubbio. A Vercelli, però, si lavora bene, inoltre è una cittadina dove si sta discretamente bene e a livello calcistico ci sono tutti gli ingredienti per fare bene”. 

“Dopo il rientro a Gubbio, sei passato alla FerlapiSalò, che aveva giocatori niente male, quali Abbruscato e Galuppini. Tuttavia, vorrei soffermarmi su mister Beppe Scienza: cosa ti è rimasto maggiormente impresso di lui?”

“Scienza è uno dei migliori allenatori che abbia avuto, non tanto a livello di campo, ma di persona. Umanamente era devastante: ti sapeva prendere, sapeva quando stavi male e quando bene, sapeva quando doveva romperti i coglioni… Mi sono trovato molto bene, anche perché, con lui, ho fatto uno degli anni più importanti della mia carriera. Lui mi ha aiutato tantissimo. A Gubbio, poi, avevo avuto Sottil, che lo scorso anno era ad Udine: ringrazierò sempre anche lui, perché mi ha aiutato tanto”. 

“A Salò, purtroppo, hai avuto anche un grave problema fisico: come hai fatto a superarlo?” 

“Sono stato fermo 5-6 mesi. Purtroppo, ancora oggi non abbiamo capito cosa sia stato: nel periodo in cui sono dovuto stare fermo, ho perso 15 chili. Dopo sono ripartito, però, purtroppo, da quel problema in poi, mi facevo male ogni due per tre, quindi è stato un vero calvario. Dai 21 ai 26 anni, quando ero a Reggio, ho vissuto momenti davvero complicati: infortuni su infortuni ed ero costretto a saltare la metà delle partite. Ho fatto questa scelta, dopo Reggio, di tornare a casa, perché a me il calcio piace e mi piace divertirmi. A 27 anni ho pensato di tornare indietro, per provare a capire se riuscissi ancora ad allenarmi. Anche qui, in Promozione, sto facendo un po’ di fatica, anche se mi sto comunque divertendo. Diciamo che vado in campo nelle condizioni non ottimali. È andata così, purtroppo; spero di continuare a giocare il più a lungo possibile, però il mio fisico ne ha risentito tanto. Non rinnego niente della mia carriera: sono solo che contento, peccato solo per le mie condizioni fisiche che non mi hanno permesso di continuare. Purtroppo, il mio corpo non è stato dalla mia parte”. 

“Sei stato anche a Carrara – piazza oggi in Serie B – e hai avuto come compagni Tutino e Miracoli. Cosa puoi raccontarci di quell’esperienza? Ti aspettavi che appunto Tutino potesse arrivare così in alto?” 

“A Carrara mi sono trovato molto bene – posso dire di aver girato tante piazze in cui sono stato benissimo sia dentro che fuori dal campo e proprio Carrara è stata una di queste (la migliore dopo la Feralpi) -. Sono riuscito a fare un bel campionato a livello professionale e sono molto contento che questa città possa oggi godersi la Serie B – già quando c’ero io aveva questa predisposizione al salto di categoria e aveva un modo di lavorare molto serio -. Per quanto riguarda Luca, ho giocato con lui – anche se un pochino l’ho perso -, mentre, per quanto riguarda Tutino, si vedeva che sarebbe potuto arrivare dov’è adesso. È stato molto bravo lui e sono molto contento per lui”. 

“Dopo l’avventura a Piacenza, ti hanno cercato tante squadre. Sei mai stato vicino alla Serie B?” 

“Ci sono state un po’ di squadre di Serie B che mi hanno cercato, soprattutto dopo il trascorso alla Feralpi, con Scienza. Si vociferava un mio possibile trasferimento al Crotone, ma ho deciso di prendermi un altro anno per affermarmi in C, per poi provare a fare il salto. Ho avuto più volte l’occasione di fare il salto, ma ci siamo tirati indietro, pensando che sarebbe potuto essere meglio affermarsi ulteriormente in C, per poi fare questo passaggio importante. Non ho mai preso la palla al balzo; se fossi andato a Crotone – che ha poi ottenuto la promozione in B -… Però sì: qualche occasione di approdare in cadetteria l’ho avuta”. 

“I momenti più belli a Reggio Emilia? Ti aspettavi che la società potesse crescere così tanto, fino ad arrivare in Serie B?” 

“Dopo l’esperienza a Piacenza, mi sono arrivate diverse proposte, tra cui la Reggiana, e non ho esitato. Ho scelto di andare a Reggio e non avrei potuto prendere una decisione migliore: non sarebbe potuto capitarmi nulla di più positivo. Avevo ricevuto chiamate anche dalla Serie C, però non mi soddisfavano quanto l’idea di indossare la maglia granata. Ho accettato e mi sono trasferito: non abbiamo vinto il campionato, ma siamo saliti tramite ripescaggio. Mi aspettavo che la Reggiana sarebbe tornata in Serie B, perché, comunque, oltre ad essere una grande piazza, aveva una società davvero solida. Quindi sapevo che questo club non sarebbe potuto non essere almeno in C, a giocarsi qualcosa di importante. Oggi è in cadetteria: tanto di cappello, perché è una squadra che merita veramente tanto”. 

“Oggi sei al Castellarano, come vivi il calcio dei “dilettanti” – sappiamo tutti quanto sia in realtà competitivo -? Quali sono i tuoi obiettivi per questa stagione?”

“Io sono un ragazzo molto terra terra. In tanti hanno ritenuto spregiudicata questa mia scelta, ma io sono andato avanti per la mia strada, perché, comunque, a me piace giocare, indipendentemente dalla categoria. Il calcio ti porta sempre a divertirti, quindi c’è differenza a livello di allenamenti, però, se sei umile e ti piace praticare questo sport, è uguale dappertutto. Prima di smettere, dato che sono di Castellarano, vorrei portare la mia squadra dove merita, anche perché è stata in Serie D, sfiorando anche la C un anno. Insomma, vorrei portare la squadra del mio paese dove merita, ovvero almeno in Eccellenza, perché è una piazza ambita da tanti. L’obiettivo di quest’anno – ringrazio la società, perché ha fatto una squadra molto competitiva – è arrivare ai play-off. Se tutti stiamo sul pezzo, ascoltiamo il mister e facciamo il nostro compito nel migliore dei modi, possiamo toglierci grandi soddisfazioni. Quest’anno ci saranno formazioni davvero toste – su tutte la CDR, che penso sia la favorita -, però noi non ci tiriamo indietro sicuramente. Ringrazio ancora il club per il grande lavoro che sta facendo”.

Ringraziamo vivamente Nazzareno e la società per la disponibilità riservataci.

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