Ottobre 16, 2024

Il terzo tempo

"When the seagulls follow the trawler, it is because they think sardines will be thrown into the sea"

“Segnare al Braglia con la maglia della Reggiana non ha prezzo” – La nostra intervista al bomber Stefano Scappini 

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Abbiamo avuto il grandissimo piacere di intervistare Stefano Scappini, un bomber da quasi 150 gol tra i professionisti. Capocannoniere al torneo di Viareggio con la maglia della Sampdoria – a pari merito con un certo Mario Balotelli -, è riuscito presto ad esordire tra i grandi grazie alla Ternana, con cui ha trovato la prima gioia personale dopo appena due settimane. È sbocciato definitivamente ai tempi dell’Alessandria, quando un maestro come Maurizio Sarri l’ha aiutato ad arrivare per la prima volta in doppia cifra in Serie C. Ma la sua stagione migliore, a livello realizzativo, è stata quella con il Pontedera, quando ha messo a segno 24 reti in 33 presenze, un rendimento che gli ha consentito di approdare alla Cremonese di Tesser. A questa maglia ha dato tutto, tanto da essere ancora oggi ricordato volentieri da ogni sostenitore grigiorosso. Con i lombardi, infatti, ha realizzato 12 gol, con cui ha trascinato la sua squadra alla promozione in B. L’anno dopo ha finalmente esordito in cadetteria, facendo centro 5 volte. Ma uno dei momenti più belli della sua carriera è stato senz’altro il gol al Braglia, contro il Modena, ai tempi della Reggiana, altra piazza a cui è molto legato. È stato, infatti, uno dei protagonisti della cavalcata che ha visto i Granata tornare in B dopo tantissimi anni. Oggi Stefano è svincolato, ma ha un sogno da conquistare: trovare una squadra di Serie C e realizzare i 6 gol che gli mancano per raggiungere quota 150 tra i professionisti. 

“Il gol più bello della mia vita, purtroppo annullato” – Il bomber Stefano Scappini in un match contro il Grosseto


Cominciamo dalla Ternana: in Primavera hai messo a segno 13 gol in 16 partite – tra cui una doppietta contro la Fiorentina – e sei poi riuscito ad esordire tra i professionisti il 4 marzo del 2007. Parlaci un po’ di questo capitolo della tua carriera. 

“Nel settore giovanile ho fatto tantissimi gol – 99 dagli allievi Beretti alla Primavera -. Quell’anno, a gennaio, andai in prima squadra in pianta stabile e, come hai detto tu, ho esordito il 4 marzo 2007, mentre il  mio primo gol è stato due settimane dopo contro il Manfredonia. Nella stagione seguente sono partito di nuovo con i grandi, poi Paratici mi portò alla Sampdoria, a gennaio, dicendomi:”Vuoi vincere qualcosa?”. ”Andiamo, dai” è stata la mia risposta. Non è stato un passo all’indietro: io giocavo in Serie C e sono tornato in Primavera, però sono stato capocannoniere del Viareggio a pari merito con Balotelli – 7 gol entrambi, ma io feci 4 partite, lui 8 -. Poi ho vinto la Coppa Italia e il campionato, sempre contro l’Inter di Balotelli”. 

Tra l’altro, a proposito di gol, in una partita contro la Cremonese sei entrato al 68’ e, dopo 10 minuti, hai timbrato il cartellino. In porta c’era Sirigu, mentre in difesa Davide Astori. Raccontaci un po’ quella partita. 

“Me la ricordo bene. C’era Mondonico in panchina: era una grande Cremonese. È stato un bel gol, uno dei primissimi tra i professionisti. Sirigu era giovane: aveva un anno in più di me, quindi eravamo piccoli. Mentre per quanto riguarda Astori, mi sono reso conto dopo che c’era lui in campo, perché stava muovendo anche lui i suoi primi passi tra i grandi. Era una squadra forte: c’era Lamberto Zauli, Graziani in attacco… tutti ottimi calciatori”. 

Hai giocato anche a Ravenna e hai condiviso (a volte ti sei anche conteso) il posto in attacco con un bomber come Federico Piovaccari, che ha giocato persino in Champions. Com’era e com’è il tuo rapporto con lui? 

“Numero uno Federico. In merito posso dire che prima, quando eri giovane, ti dovevi conquistare il posto; ora invece i ragazzi inesperti trovano spazio per via della regola degli under. Il livello, infatti, si è abbassato in maniera notevole. Piovaccari, per me, è stato una guida. Ti dico solo che l’ho invitato al matrimonio, quindi siamo molto amici e ci teniamo ancora in contatto, sentendoci spesso – anche una volta a settimana -, anche se lui vive a Barcellona. Per me è un grande amico, una grande persona, un grande professionista. Giocando con calciatori così sin da piccolo, ai tempi capivi che potevi trovare spazio soltanto se riuscivi a farti valere. Oggi il calcio è cambiato: sembra quasi che i giovani debbano giocare per forza”. 

Hai successivamente vestito la maglia dell’Alessandria: hai messo a segno 13 reti in 31 partite e hai avuto un mister come Maurizio Sarri. Purtroppo una retrocessione per illecito sportivo ha cancellato una stagione in cui avevate fatto piuttosto bene, ma come ti sei trovato con un tecnico come lui? 

“Alessandria è una piazza dove ho lasciato il cuore. È stato il mio primo anno, per così dire ‘come Dio comanda’, una stagione importante, con un gruppo eccezionale, perché c’era un mister altrettanto eccezionale, così come il suo vice Calzona – ex tecnico del Napoli, oggi ancora al timone della Slovacchia -. Quindi, immagina che staff tecnico avessimo: potevamo solo che fare bene. È stata, quindi, per me, un’annata importantissima, perché lì la Sampdoria mi rinnovò il contratto. Purtroppo, non ho mai esordito in prima squadra con i Blucerchiati, ma, grazie a questa società, ho iniziato ad andare in piazze sempre più importanti, in prestito”. 

Una di queste piazze è stata Pisa: hai avuto come compagni Sepe, Rozzio – che hai poi ritrovato a Reggio -, Barberis, Strizzolo e non solo. Purtroppo il sogno promozione è svanito in finale play-off, ma cosa ti rimarrà per sempre di questo capitolo della tua carriera? 

“Ci è dispiaciuto tanto. In quell’annata, all’inizio giocavo poco, ma poi sono arrivato a segnare 5 gol in coppa e 5 in campionato. Con l’approdo di Pagliari sulla panchina – stimo tanto anche lui -, abbiamo conseguito 7 vittorie di fila. Purtroppo non siamo riusciti a vincere la finale. Non eravamo la squadra più forte, ma avevamo un gruppo fantastico, con dei ragazzi che sono arrivati anche in Serie A, come Sepe, Barberis e non solo, ai tempi giovani. Mi ricordo poi Perez, Tulli, Favasuli… e anche il mister era molto bravo”. 

Hai avuto una stagione complicata tra Grosseto e Castel Rigone, tuttavia ti sei riscattato andando a Savona, dove hai raggiunto la doppia cifra. Cos’è per te il gol? Un’ossessione? O ti ‘accontenti’ di giocare bene? 

“È la mia ossessione. Il gol per me è vita, è aria, è acqua. È tutto. Ti dirò, però, che l’anno tra Grosseto e Castel Rigone mi è servito: è stato quello il mio segreto. Mi sono rimboccato le maniche, con l’idea che dovevo ripartire dopo un’annata brutta. Ho realizzato, infatti, 10 reti a Savona, 24 al Pontedera e 14 a Cremona. Mi ha aiutato anche quella stagione in cui ho segnato pochissimo. È stato importante a livello mentale”. 

La stagione migliore della tua carriera, a livello realizzativo, è stata, come hai detto tu, quella al Pontedera – 24 reti in 33 presenze in campionato -. Che soddisfazione è stata per te? 

“È stata eccezionale per me. Io l’ho capito quando ho fatto 5 gol in una sola partita, contro la Lupa Roma. È ancora – mi sa – il record italiano”.

Anche se, ai tempi della Sampdoria, hai fatto 5 gol in 58 minuti contro il Benevento…

“Sì: io non ho mai fatto una tripletta, ma mi è capitato di fare 5 gol in una singola partita. È strana come cosa. Tornando al Pontedera, mi ricordo che in quella settimana feci doppietta contro il Rimini, poi segnai 5 reti contro la Lupa Roma e tornai a timbrare il cartellino due partite dopo, contro il Siena. Avevo fatto 8 gol in 3 partite – prima del match contro il Rimini, avevo fatto gol contro la Maceratese -. Dopo 12 gare, avevo totalizzato 12 reti, quindi ho pensato:”Questa è un’annata importante: bisogna pedalare, perché potrebbe essere la svolta”. E, infatti, così è stato, visto che poi sono andato alla Cremonese”. 

A Cremona hai avuto un mister come Tesser, hai segnato 2 gol in 3 minuti contro il Como – in una partita che perdevate 2-0 – e hai fatto un’altra doppietta contro il Siena. Soprattutto, però, siete arrivati primi a pari punti con l’Alessandria, tuttavia avete messo voi le mani sul trofeo, visti gli scontri diretti favorevoli. Cosa si prova a vincere con così poco margine? 

“Quell’annata è stata fantastica. Sono partito un po’ in sordina, perché era una squadra fatta per vincere, dunque c’erano giocatori importanti davanti. Tesser è un signore, un mio padre calcistico – guai a chi me lo tocca -. È stato fin troppo importante per me. Ho fatto 4 gol nel girone d’andata e 8 in quello di ritorno, grazie anche a tre doppiette, contro il Como, contro il Siena e anche nell’ultima partita, che è stata, per me, la più importante della mia vita. Il 3-2 con la Racing Roma, in cui ho anche fatto l’assist all’ultimo a Scarsella. La promozione in B da protagonista è stata un’emozione bellissima. A Cremona ho lasciato il cuore. Poi, l’esordio in cadetteria e il primo gol – proprio contro la Ternana -… sono stati due anni emozionanti”. 

In Serie B vi siete salvati con ampio margine. Raccontaci un po’ il primo anno in cadetteria. 

“Potevamo fare meglio: purtroppo il girone di ritorno è stato un po’ complicato, però, come primo anno in Serie B, considerando anche i 5 gol segnati, è stato positivo”. 

Tesser, tra l’altro, propose due calciatori come Castrovilli e Scamacca…

“Campioni: si vedeva già che avevano una marcia in più. Avevo detto subito che Scamacca sarebbe arrivato tra le prime 4 squadre di Serie A. Già a 18 anni si vedeva che aveva qualità, adesso ha un po’ cambiato testa, ma quello è un altro discorso. Come doti, sta rispettando le mie aspettative. Anche Castrovilli era molto bravo, mi dispiace per gli infortuni che ha avuto”. 

In Serie B hai avuto anche il privilegio di giocare nel Cittadella. Ti sei presentato con un gol dopo 4 minuti contro il Crotone, tra l’altro, e avete sfiorato la promozione. Cosa ti è rimasto di quell’esperienza? 

“Andai a segno in due partite a inizio stagione: feci doppietta in Coppa Italia, contro l’Empoli e segnai nei primi minuti di partita contro il Crotone. Quell’annata, però, è stata, purtroppo, il mio rammarico, perché ho avuto la pubalgia: sono stato fermo 20 partite e, per tutto il girone d’andata, ho stretto i denti scendendo in campo con questo problema. Un po’ per demerito mio, un po’ perché non riuscivo ad allenarmi, sono stato fermo da novembre a marzo. È stata una stagione un po’ complicata, che mi ha visto rientrare ad aprile: piano piano mi sono reinserito e ho segnato contro la Cremonese, anche se non ho fatto tanti gol quell’anno. Alla fine abbiamo perso la partita più importante: sarebbe stato speciale vincere e andare in Serie A. Magari non sarei rimasto, però contribuire sarebbe stato bello”. 

Passando alla Reggiana, cosa si prova a decidere un derby? 

“Reggio, così come Cremona, la reputo la mia seconda casa, anche se, ovviamente, pure Terni mi ha dato tanto. La maglia granata è stata, per me, una sorpresa: tornare in C dopo la B non è stato facile. Ho trovato un gruppo di persone fantastiche, composto da Mister Alvini e calciatori come Rozzio, Spanò, Marchi, Staiti, Zamparo, Kargbo, Rossi, Varone, Costa e non solo – ti farei ogni singolo nome, perché sono stati tutti importanti per me -.Ci davano tutti per 6°-7° in classifica, ma si è creato un gruppo che asfaltava tutti. Facevamo 3 gol a partita: qualcosa di incredibile. Avevamo un attacco super e tanto merito è stato anche dell’allenatore. Purtroppo, avevo una fascite plantare che mi tormentava, dunque non ho giocato tutte le partite; poi si è messo di mezzo pure il Covid: sarei arrivato a 20 gol. Il derby con il Modena è stato incredibile.Festeggiare sotto lo spicchio dei tifosi è stata una gioia incontenibile. Il rammarico rimane la pandemia, che ha bloccato tutto, poi si è vinto comunque, ma sarebbe stato bello poter giocare tutte le partite”. 

Cosa avete provato a riportare la Serie B a Reggio Emilia dopo tantissimi anni? 

“Il rammarico è stato il fatto che non ci fosse nessuno a vedere la partita. Lo stadio, fuori, però, era pieno. È stato fantastico. Mi dispiace non essere potuto rimanere a lottare in Serie B per quella maglia. Mi sarei meritato di giocare in cadetteria con la Reggiana: quell’anno avevo fatto 3 gol in coppa e 9 in campionato – 12 reti in solo 18 partite -. La mancata permanenza è un dispiacere grande, però ormai è passato”. 

Ti sei poi trasferito al Modena: cosa si prova a vestire i colori della squadra che avevi purgato in un derby in Serie C? 

“Modena è una piazza devastante, come Reggio – bisogna essere onesti -. Sono stato molto bene. Purtroppo non mi sono goduto a pieno quell’esperienza a causa del Covid, perché si giocava a porte chiuse. Ho fatto gol 6 volte; quell’anno facevamo parecchia fatica a segnare con Mignani e bisogna considerare che, con quella cifra, sono stato capocannoniere, assieme a Spagnoli. Non segnavamo tanto, ma ciò non toglie che lui fosse un grandissimo mister. Trattava più la fase difensiva quell’anno, però mi ha insegnato tanto anche lui, che è una bravissima persona. Sono stato molto bene in gialloblù – devo essere sincero -, purtroppo siamo usciti subito ai play-off. Sono stato contentissimo di tornare a Reggio l’anno dopo, ad essere onesto”. 

Ai tempi della Torres, hai anche avuto modo di tornare allo Stadio Giglio. A fine partita, tutti i tifosi granata ti hanno acclamato, visto il bellissimo ricordo che hai lasciato a Reggio Emilia. Che soddisfazione è questa per te? 

“Mi è successo a Cremona, quando, nell’anno a Cittadella, mi hanno chiamato sotto la Curva per farmi il coro, con tutto lo stadio in piedi, e a Reggio Emilia, quando ero alla Torres. Da attaccante, ti dico che ciò è come un gol per me. Sono cose eccezionali, momenti da brividi, difficili anche da descrivere. È una cosa che un ragazzo sogna da bambino, perché lasciare il segno non soltanto come calciatore, ma anche come uomo – io che poi ho sempre cercato di rispettare tutti, sono un bravo ragazzo e mi sono sempre impegnato – fa piacere. Mi manca tanto Reggio: vorrei tornarci, anche solo per vedere una partita”. 

Sei reduce da un’esperienza a Novara – sei andato a segno per 3 partite consecutive a 35 anni -. Oggi sei svincolato: saresti pronto ad intraprendere una nuova avventura?

“Assolutamente, sono carichissimo. Cerco una squadra in Serie C, perché ho un traguardo da tagliare: i 150 gol tra i professionisti. Ne ho segnati 126 in campionato e 18 in Coppa Italia: me ne mancano 6 e vorrei raggiungerli. Non so con che squadra;  sono pronto, mi sto allenando, quindi vorrei intraprendere una nuova esperienza”. 

Ci teniamo a ringraziare vivamente Stefano per la bellissima opportunità concessaci. 

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